Quattro residenze alla Grumellina per far incontrare il quotidiano e il sogno artistico

‘Memoria presente’ di Teatro Caverna unisce artisti italiani e internazionali che hanno abitato nel quartiere per costruire progetti con i residenti.

Il presidente Osvaldo Ranica: “Plauso alla capacità di sperimentare inedite forme di coinvolgimento della cittadinanza”.

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“Abbiamo chiesto ad alcuni artisti di stare nel nostro quartiere per un certo periodo di tempo. Per dialogare realmente con il territorio. Perché se ti fermi ad abitare quel luogo e vai a incontrare le scuole, costruisci qualcosa con loro. Non è più un progetto di passaggio, il tuo. Volevamo creare commistioni e sovrapposizioni tra il vissuto quotidiano e il sogno artistico”.

Damiano Grasselli è direttore artistico del Teatro Caverna e referente di ‘Memoria presente’, progetto dell’associazione e compagnia teatrale, sostenuto dalla Fondazione della Comunità Bergamasca.

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L’idea si sviluppa intorno ad uno spazio a disposizione di Teatro Caverna nel quartiere di Grumello al Piano, “quello più periferico della città, con la più alta percentuale di residenti immigrati (una ventina i Paesi rappresentati) e di case popolari. E quello con la più grande area verde in proporzione alle dimensioni del quartiere”.

Lo spazio è solitamente utilizzato per le attività proposte dall’associazione, ma per l’anno della Capitale della Cultura è diventato la casa di artisti italiani ed internazionali e il cuore di quattro residenze artistiche, che si sono alternate nel corso del 2023.

“Abbiamo potuto ospitare una residenza di teatro multiculturale, una dedicata a teatro e diversità, una di scrittura, drammaturgia e poetica ed una di teatro di figura”.

Quanto al primo, “un’amicizia storica lega Teatro Caverna ai due soggetti coinvolti in questo progetto. Il Ker Mandiaye ‘Ndiaye Théâtre è stato fondato da un gruppo di giovani senegalesi, ispirandosi all’idea rivoluzionaria di Mandiaye ‘Ndiaye, storico attore della compagnia ravennate Teatro delle Albe, di portare il teatro nei villaggi e nelle banlieue senegalesi. Il Teatro delle Albe di Ravenna non ha bisogno di presentazioni, tanto il suo nome risuona da oltre trent’anni nel panorama del teatro italiano”.

Al momento, stiamo collaborando con gli Istituti di Cultura e con la Farnesina per il debutto di un nuovo spettacolo in Senegal, Francia e Italia, mescolando la tradizione italiana delle fiabe con la narrazione senegalese dei griot”.

Per la seconda residenza “è stata coinvolta una compagnia di attrici e attori diversamente abili nella produzione teatrale dello spettacolo ‘Marat/Sade: le due rivoluzioni’. Al gruppo degli attori professionisti si sono aggiunti altri ragazzi diversamente abili ed una decina di allievi (adolescenti o ventenni) delle nostre attività laboratoriali”.

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Nel corso della terza residenza, la poetessa Azzurra D’Agostino ha lavorato con i bambini di scuola primaria del quartiere sul tema della memoria, dando vita ad un’opera di scrittura collettiva a partire dai resti del campo di concentramento della Grumellina.

Infine, protagonisti della quarta residenza sono stati i burattini, con la compagnia del Teatro Medico Ipnotico, “che ha proposto animazioni in giro per il quartiere, in spazi inusuali”.

Il bilancio è positivo: “Tutti gli artisti che si sono fermati hanno costruito gli spettacoli con gli abitanti di questo quartiere e di altri. Quello che è successo in quest’ultimo anno è stato un ritorno. Delle persone in piazza, per strada. Abbiamo stretto relazioni con il quartiere, dove siamo dal 2018. Se pur con una certa timidezza, c’è voglia di partecipare, perché, quando ci si mette in ascolto, si possono scoprire vere e proprie ricchezze, le proprie e quelle degli altri”.

Al termine dell’anno della Capitale della Cultura, esprimiamo grande soddisfazione. Abbiamo avuto modo – e questo progetto ne è una dimostrazione – di toccare con mano la ricchezza del patrimonio filantropico del nostro territorio. Le iniziative che abbiamo supportato hanno sperimentato inedite forme di coinvolgimento della cittadinanza, senza lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà. Hanno portato la cultura ovunque e, facendo questo, hanno aiutato le persone e le comunità a ritrovarsi e a riconoscersi.

 

Osvaldo Ranica, presidente della Fondazione della Comunità Bergamasca

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