Con ADOland gli adolescenti tornano ad incontrarsi

Un progetto della cooperativa AEPER e dell’associazione ‘L’Arca di Leonardo’, finanziato dalla Fondazione della Comunità Bergamasca.

Gite in montagna, arrampicata sportiva, uscite in barca a vela, visite ad eccellenze imprenditoriali bergamasche: sono alcune delle proposte fatte a ragazze e ragazzi in affido con il progetto ‘ADOland. Rintracciare talenti e passioni’, che ha visto lavorare in tandem la cooperativa AEPER e l’associazione ‘L’Arca di Leonardo’. Il progetto, finanziato dalla Fondazione della Comunità Bergamasca, ha avuto inizio nel luglio del 2021 e ha coinvolto 36 genitori affidatari e 18 giovani tra i 14 e i 17 anni, provenienti da diversi comuni del territorio bergamasco. Un gruppo aperto anche a fratelli e sorelle affidatari, per assicurare maggiore eterogeneità. Le loro voci si possono ascoltare nel podcast di ADOland, ‘Audiolescenti’, al momento due puntate su Spotify.

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Ricerche nazionali ed internazionali hanno evidenziato gli effetti collaterali della pandemia sui giovani. Da un’indagine promossa dall’Ospedale Pediatrico Gaslini di Genova è emerso che la situazione di isolamento ha generato una condizione di stress con ripercussioni non solo sulla salute fisica, ma anche su quella emozionale-psichica dei ragazzi: tristezza, cambiamenti nell’alimentazione e nel ciclo sonno-veglia, fino ad arrivare all’isolamento e al ritiro sociale. “Queste fatiche sono state amplificate per le ragazze e i ragazzi più vulnerabili, come quelli allontanati dalle loro famiglie di origine a causa di condizioni di grave trascuratezza, violenza domestica, abusi di vario genere”, spiega Rosita Poloni, Responsabile della Comunicazione e Raccolta fondi della cooperativa sociale AEPER. Da qui la necessità di attivare occasioni di socializzazione e di frequentazione dei coetanei: “Ci interessava coinvolgerli in attività allettanti, non in contesti competitivi, ma espressivi, creativi, di scoperta, anche del proprio corpo. Quando si tratta di adolescenti, è importante rispondere con prontezza. La variabile tempo è cruciale”.

Raffaella (nome di fantasia) è una mamma affidataria che, con la sua famiglia, partecipa al progetto. Accoglie da molti anni Federica (nome di fantasia), oggi adolescente.

Come ha vissuto la pandemia la sua famiglia?

È stato difficile per tutti. Per una famiglia affidataria, come la nostra, lo è stato particolarmente. Federica è molto attaccata a me e ha molto bisogno di affetto, baci e abbracci. In quel periodo abbiamo dovuto evitare di toccarci, ed è stata molto dura. Questo ha creato molte ansie in lei, tra cui il terrore che mi ammalassi e che non tornassi più a casa. Ogni mattina, quando uscivo per andare al lavoro, le scendevano le lacrime: ‘Sei sicura che tornerai?’. Anche il fatto non vedere più la mamma d’origine (che incontra due volte al mese), ma di poterla sentire solo telefonicamente, non ha aiutato e ha contribuito a non lasciarla tranquilla. La DAD (Didattica a Distanza), che all’inizio sembrava una bellissima novità, col tempo è diventata noiosa, perché non poteva vedere i suoi amici. Vivere la pandemia con un ragazzino in affido metterebbe a dura prova tutte le famiglie. Certamente il nostro rapporto si è rafforzato molto, in quel periodo.

Cosa ha significato ADOland per Federica?

Ha significato tantissimo. Dopo aver trascorso tanto tempo chiusa in casa, si è ritrovata a condividere esperienze bellissime con ragazzi della sua età. Ha fatto anche nuove amicizie. Ha visitato la Torre del Sole (il parco astronomico a Brembate di Sopra) e ha ammirato le costellazioni, ha provato a volare in assenza di gravità (all’Aerogravity, in provincia di Milano), si è messa al posto di guida sull’aereo in cui è stato girato l’ultimo film di Tom Cruise. Quando me lo ha raccontato, era eccitatissima! I prossimi appuntamenti sono una giornata in barca a vela sul lago di Como e un corso avanzato di tuffi alla piscina Italcementi di Bergamo, condotto dalla Squadra agonistica di tuffi della città.

Che cosa è cambiato dall’inizio del progetto – ormai un anno fa – ad oggi?

Se prima dovevamo spronarla a partecipare a queste esperienze, ora accetta subito. Si vede regolarmente con alcuni ragazzi e ragazze, che ha conosciuto proprio grazie ad ADOland. È una proposta che le serve anche per riflettere sulla sua situazione. Capita che si confronti con altri, anche con gli educatori, e talvolta mi ha raccontato di altri ragazzi, in affido come lei. Tutti noi, Federica per prima, ci auguriamo che questo progetto non finisca – come previsto – a settembre e che venga riproposto. Sono attività che possono aiutare molto ragazze e ragazzi che si portano dietro, tutti i giorni, paure, difficoltà, un passato che non hanno scelto, ma che è sulle loro spalle.

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A questo fortissimo bisogno di accoglienza rispondono le Reti delle Famiglie Affidatarie di AEPER. “Da 25 anni, da quando esistono le Reti,  – continua Poloni –  la nostra cooperativa lavora perché la protezione dei minori e l’accompagnamento alla loro crescita non sia solo un affare privato della famiglia che ha generato o che ha accolto. Ci riguarda tutti, è un patrimonio trasversale e richiede un’assunzione di responsabilità condivisa. Perché risponde ad un’ambizione di più ampio respiro: immaginare una società in cui tutti si sentano chiamati ad avere rispetto e cura di un bambino, ma anche dei suoi genitori biologici, spesso affaticati da contesti depauperati e deprivati”.

 

È Veronica Pasini – referente della Rete della Famiglie Affidatarie di Torre de’ Roveri – a sottolineare il significato di ADOland per le famiglie affidatarie: “I loro ragazzi tornano a casa pieni di racconti, di gioia e di esperienze. Dopo due anni di stop, in cui si faceva fatica a tirarli fuori di casa, vederli appassionarsi ad altre attività, ha portato beneficio al clima familiare generale. Percepire l’entusiasmo dei ragazzi è un’esperienza gratificante anche per noi operatori. Sono sicura che questa opportunità li farà sentire sicuri non solo in famiglia, ma in anche in altri contesti, e farà di loro uomini e donne più sereni, capaci di vivere la socialità in maniera diversa.

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La Fondazione della Comunità Bergamasca opera per migliorare la qualità della vita delle persone. Dobbiamo mantenere vigile l’attenzione sui più giovani, che tanto hanno sofferto il blocco di ogni forma di socialità, per interi mesi. Progetti come ADOland ce lo ricordano: dobbiamo aiutarli a recuperare la fiducia nelle relazioni e nei territori in cui vivono, perché siano pronti a vivere il futuro che appartiene loro

 

Osvaldo Ranica, Presidente della Fondazione della Comunità Bergamasca.

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